Commento dell'editore:
«Santa Margherita da Cortona, che oggi m’è diventata così cara, non s’è imposta a me. Non pensavo affatto di scrivere vite di santi, tanto meno la sua, di cui non sapevo nulla. Non volevo scriver niente. Le tenebre coprivano tutta la terra. Era il ‘41, il ‘42 il ‘43? Il tempo non sembrava più diviso: tutti quegl’inverni non sono che un blocco gelido nella nostra mente... Non avendo d’altra parte gli avvenimenti esterni di questa vita quasi alcuna importanza, il mio libro è diventato una specie di meditazione sugli stati mistici, nel quale cedo ora al fascino ora all’irritazione ch’essi m’ispirano. Ma esso rispecchia anche, specialmente negli ultimi capitoli, i momenti disperati che stavamo attraversando. Margherita da Cortona mi attirava fuori di questo mondo abominevole. Seguivo questa poverella fin dove le piaceva trasportarmi; capivo il suo amore; entravo nella sua follia. Sentivo ciò che aveva sentito lei. Ne coglievo l’essenziale, nonostante le deformazioni del confessore e di coloro che, dopo di lui, ne avevano ritoccato l’opera. Ma talvolta me la prendevo anche con me stesso perché scrivevo un libro così inattuale. Il martirio della cortonese mi distoglieva dal martirio della mia patria; mi rendeva infedele a questa terra imbevuta di sangue... Ma quei foschi giorni che precedettero la Resistenza, in fondo a una campagna inondata di pioggia, ròsa dal sole e dove, al di là di ogni dolore, mi sono annoiato come non mai nella mia vita, s’incarnano, per me, in questa piccola santa forsennata, accanita nel distruggere un volto così bello che, dopo anni di feroce penitenza, faceva ancora paura ai frati del convento di Cortona. Forse farà anche paura, e persino orrore, a qualche lettore del mio libro, perché Margherita non è una santa per gli uomini d’oggi, vaganti così lontano dalla luce...» (François Mauriac).