Commento dell'editore:
Leonardo rivendicò la piena appartenenza della pittura – ancor spesso all'epoca confinata tra le arti meccaniche – alla cultura dei "dotti", all'alta cultura scientifica e umanistica, cioè alle arti liberali. Ma rivendicò per sé con orgoglio anche la superiore dignità di inventore, opponendola anzi alla figura dei retori e commentatori di testi antichi, contribuendo alla formazione di una nuova coscienza intellettuale, intrecciata con la ancora incerta formazione del sapere e dell'identità dell'ingegnere.
Questo volume vuole cogliere il senso storico dell'operato di Leonardo "meccanico" ricostruendone il coinvolgimento entro alcune dinamiche – comprese tra Piero della Francesca e il primo Galilei – dei saperi e delle pratiche propri delle arti meccaniche considerate in se stesse; e in particolare entro l'area di attività, di rilevanza economica per la città, che il più raffinato Umanesimo fiorentino, come quello del Poliziano, aveva classificato tra le arti "sordide" e sedentarie: cantieri, mulini, manifatture.
Entro questa prospettiva di lungo periodo si analizzano le torsioni impresse da Leonardo al principale sapere dei tecnici, la "pratica di geometria"; la sua consapevolezza della necessità di un lessico volgare dei saperi tecnici, condivisa con Francesco di Giorgio Martini; la novità dei suoi studi sulla meccanica tessile, non solo entro la dicotomia tra arti liberali e meccaniche, ma all'interno stesso della stratificazione di queste ultime; la raffinata maturazione di una pluralità di convenzioni di rappresentazione nel disegno tecnico e l'uso dei modelli in scala nei suoi nessi sia col disegno che con elementi di meccanica teorica nella progettazione di macchine. Si presentano inoltre nuove ipotesi sul funzionamento e l'utilizzazione delle macchine da cantiere progettate dal Brunelleschi per la costruzione della cupola del duomo di Firenze.