Di Carlo del Nero, fiorentino, sappiamo poco o nulla. Nacque nella prima metà del XV secolo e fu figlio, forse, di Pietro di Filippo (Pietro Viniziano), narratore. Esercitò la mercatura ed ebbe un contatto profondo con la cultura francese, documentato da tre versioni condotte a termine a Montpellier e a Firenze: oltre alla "Belle dame sans merci" di Alain Chartier (1471) e al coevo Débat Réveille-matin dello stesso Chartier (Quistione d'amore), il romanzo, d'ampia notorietà, "Paris et Vìenne", tradotto nel 1477. Nella Biblioteca Nazionale di Firenze, inoltre, è conservato un suo Zibaldone, inedito e risalente al 1470, che par opera di scarsissimo valore. Salvo un assai ristretto interesse da parte di studiosi del secolo scorso o poche registrazioni settecentesche, Carlo del Nero si iscrive fra le schiere non esili di autori minimi della nostra letteratura e, a ragione o a torto, pressoché del tutto ignorati.
Che la versione del famoso poemetto di Alain Chartier (1424) condotta da Carlo del Nero meriti pienamente tale denominazione non può asserirsi. Meglio le si addice la definizione di volgarizzamento, assumendo il canone in termini ampi, visto che il traduttore si muove sì con agilità e scaltrezza, per lo più, nel dislocare le pedine verbali della sua composizione, ma certo non si attiene rigorosamente a una norma, né palesa una qualche costanza sia di fedeltà e sia d'infedeltà….
(Dall'introduzione)