Il libro parte da un racconto di fantasia ambientato nell'antico borgo di Oramala per far conoscere la storia della pomella genovese ai bambini che oggi abitano il territorio in cui questo frutto nasce da secoli, rivelando che un buon frutto non è quello che si presenta grande, lucido e perfetto, perché spesso, dimensioni modeste, scorze dure e un aspetto irregolare, nascondono frutti dolcissimi, dalle grandi proprietà nutritive e con un'avventurosa storia alle spalle. Il suo nome, la pomella genovese lo deve al fatto che i contadini della Valle Staffora la portavano sulla via del Sale a Genova, dove veniva imbarcata sulle navi (era un frutto molto robusto, che durava da ottobre a marzo) in cambio del sale per gli insaccati (tra cui il noto salame di Varzi).
Ma ecco la storia: ai piedi del castello di Oramala, vive Berlanda, una fanciulla povera che passa le giornate piangendo il suo sfortunato amore per Guglielmo, figlio del sarto di corte che si oppone alle nozze dei due giovani. A risolvere la situazione penserà un piccolo riccio che si presenta a Berlanda con una pomella infilzata negli aculei.