Bentivolorum Magnificentia


Principe e cultura a Bologna nel Rinascimento

PREZZO : EUR 24,00€
AUTORE/CURATORE/ARTISTA :
A cura di:
EDITORE/PRODUTTORE :
COLLANA/SERIE : , 25
DISPONIBILITA': Disponibile


TITOLO/DENOMINAZIONE:
Bentivolorum Magnificentia
Principe e cultura a Bologna nel Rinascimento
PREZZO : EUR 24,00€

AUTORE/CURATORE/ARTISTA :
A cura di:

EDITORE/PRODUTTORE:


COLLANA/SERIE:
, 25

ANNO:
1984

DISPONIBILITA':
Disponibile

CARATTERISTICHE TECNICHE:
356 pagine
Illustrato
Brossura
cm 17 x 24

DESCRIZIONE:

Commento dell'editore:
È impossibile separare, a Bologna, l’idea stessa di Umanesimo e di Rinascimento dai fasti della famiglia dei Bentivoglio, che per sessant’anni, dall’ascesa al potere di Sante («capo di parte» nel 1446) alla signoria di Giovanni II, spezzata, manu militari, dal «papa guerriero» Giulio II (nel 1506), resse i destini di una città a poco a poco trasformata da centro medievale ancora arroccato attorno alle istituzioni del libero Comune e dell’Università, in spazio urbano scandito da nuove logiche costruttive, in cui l’armonia di chiese e palazzi era retta dalla struttura simbolica della domus bentivolia, «magione di potere» e di «apparato», simbolo della cultura di corte ormai acclimatata tra le vecchie torri gentilizie e feudali. Eppure, una volta ammessa una stagione rinascimentale bolognese all’ombra dei Bentivoglio – «tiranni colti» nella famosa definizione di Jacob Burckhardt –, il rapporto tra la famiglia e la cultura, tra la committenza artistica e il milieu universitario, tra Bologna e le corti vicine (Ferrara e Firenze, in particolare) resta un problema di difficile definizione. La scelta del «gruppo di lavoro» – nello stile già più volte collaudato dell’«Europa delle Corti» – è risalita, ab ovo, al tema burckhardtiano dei «tiranni colti» (o Bentivoli machinatores, come è stato scritto di recente, anche in rapporto a certo amore della «scenografia del potere» che li caratterizza), ma lo ha proiettato, fuori da ogni colore ottocentesco, sui soggetti concreti del «modo di essere» di quella signoria, in rapporto alla politica del territorio, alla committenza, all’encomiastica, alle relazioni difficili con l’Università e gli artisti di corte. È così emersa una griglia pluriprospettica di riferimenti che coinvolge il mito bentivolesco ricorrendo a testimonianze particolarissime di una cultura già segnata dalla stagione rinascimentale: quadri, affreschi, trattati sul principe e sui suoi «giardini», poesie latine e volgari, cronache di feste e di vicende economiche. In molti casi si tratta di materiale frutto di recentissime scoperte – quanto mai evidenti nel settore pittorico, dove una Bononia triumphans rivendica su Ferrara e Firenze una stagione di primato, sia pure effimero –: ma, più del piacere per l’inedito o raro (un codice di Leningrado con poesie bentivolesche, il riscoperto autografo della Descrizione del giardino della Viola di Sabadino degli Arienti, poco noti quanto affascinanti «torneamenti» felsinei), contano le riproposte di lettura di quel contesto politico culturale cosi sfuggente.


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